Le seguenti poesie sono opera intellettuale di Matteo Iammarrone. Nel caso in cui vogliate riprodurre/diffondere una o più poesie o parti di esse su blog, social network o altri siti web siete pregati di non dimenticare di riportare la fonte (es. “cit. Matteo Iammarrone” oppure “(Matteo Iammarrone)” dopo l’intera poesia o dopo una parte di essa).
Buona lettura.Nota: le poesie seguenti sono un estratto numericamente piccolo rispetto a quelle scelte per le pubblicazioni . Non tutte le poesie saranno pubblicate qui, ma solo una parte di esse.
Stazione di Futurantica
6 febbraio 2014Come si inseguono accidiosi quei fanali là dietro gli alberi
tra i rami stillanti di pioggia.
Come si inseguono e come sbadigliano luce sull’altrettanto
accidioso viale della stazione.
Il motore del treno fischia flebile, fischia acuto, fischia stridulo, fischia,
come noi.
Ed il plumbeo mattino d’autunno come un grande fantasma
intorno respira.
E tu che pensosa dai al controllore il biglietto da forare,
dai al controllore il tempo che incalza gli anni belli, i mesi gioiti,
i giorni che sono ormai solo ricordi.
E poi si chiudono gli sportelli e sbattono e sembrano oltraggi:
suona di scherno l’ultimo appello che rapido chiama a salire sul treno.
E va il mostro empio, come un cortocircuito, sbattendo le ali,
come un uccello robotico, come un ladro d’amore metallico che anima, sbuffa
e ti risucchia via intrepido.
La monodanza degli alberi e delle chiome
5 febbraio 2014Gli alberi spogli sono uomini calvi
e quelle altre chiome ciuffi di dame
ormai fuori moda come la poesia svuotata
da quegli alberi spogli
che muovono passi di danza buffa e beffarda sulla piazza
del mercato del cuore.
E le tengono strette e legate a un altare di spine
sotto i passi di un ballo meschino e tradizionale
le dame dai ciuffi di chiome gli alberi spogli,
le tengono infilzate nei rami, in balia dei folati di venti
le dame ormai d’altri tempi, gli alberi spogli e i loro inverni
affinché amare resti quel ballo, affinché succube dei loro scempi
ogni dama diventi.
Ma se solo sapeste quante flebili volte
mi sono fermato e frenato dal tempo
ho indugiato.
Di attraversare quel parco dal già collaudato respiro
di rimanere in quel limbo, di non reincasare mai più,
ho sperato.
I piedi nudi del poeta
5 gennaio 2014A piedi nudi il poeta
dinanzi la pagina bianca
La pagina bianca
che è l’opposto dei suoi piedi nudi
segnati d’inchiostro dei terreni carezzati, dei bacini calpestati
dal poeta dinanzi la pagina bianca che ora getta
nella pagina bianca il suo incommensurabile astio.
Volevo essere felice
20 novembre 2013Ero un illuso, un ignorante, un illuso, un ingenuo,
ma ero felice.
Pian piano ho cominciato a capire,
ho cominciato ad essere infelice.
Ho assunto coscienza, più o meno con classe.
Ho assunto coscienza, più o meno di classe.
Ho deciso di cambiare me stesso,
ero triste, infelice poiché non ci riuscivo.
Sono infine riuscito a cambiare me stesso,
sono riuscito ad emanciparmi:
ero ora più che mai infelice: avevo cambiato me stesso,
ma con un grande rancore: non riuscivo a cambiare il mondo.
Non sarebbe forse stato meglio restare felice, incosciente e ignorante?
Saturno che galleggia
20 novembre 2013Come un grande amico di quelli sporadici
come i crateri terrestri come una foglia di fica
che reinventa il mito dell’impudicizia come delitto
Saturno, donna poliandrica, galleggia dalle parti
dei corpi grossi,
centro di raccolta e rodaggio
infilata in tanti anelli, tanti quanti sono i suoi amanti.